domenica 10 agosto 2008

breve storia di una piccola città


il fatto che un libro di cinquecento e passa pagine si intitoli "breve storia" me lo fa già entrare in simpatia. t.r. pearson, ex professore di inglese, si inventa una voce narrante la cui mise en abyme è presente fin dalla prima riga, ma si disvela solo nell'ultimo capitolo. una voce corale anche se incarnata in una ragazzino di 12 anni, che cita i grandi per prendere la distanza da certe splendide cattiverie attraverso cui disegna i personaggi di questa piccola città, bastardo posto. tutto e tutti ruotano attorno alla storia di una strana famiglia, il racconto prende l'avvio dalla morte spettacolare dell'ultima erede, una zitella ricca e svitata che convivecon una domestica nera quasi afona ed una scimmia troppo umana, quindi si dipana, tra analessi e prolessi, con una serie di storie a schidionata, fino a racchiudere tutta la varia umanità del bizzarro paese, ove la normalità non esiste, ma ciò sembra a tutti estremamente normale.
la perla: le sentenze del padre, attraverso cui l'autore si concede piccole cattiverie antiborghesi
l'appunto: il bambino fa troppo spesso il verso al vecchio holden caulfield... c'è addirittura uno stagno con le anatre, anche se non siamo a central park.

Thomas Reid Pearson
Breve storia di una piccola città
(A Short History of a Small Place)

Traduzione Franca Pece
pp. 552
Giugno 2008
ISBN 9788861920354

il matematico indiano

l'incipit mi aveva ingannato: una storia vera, personaggi realmente esistiti, pensavo che leavitt avesse deciso di cimentarsi di nuovo nel romanzo storico, tipo "mentre l'inghilterra dorme"... con gli stessi esiti, temevo.
però sono andata avanti, per devozione, credo.
il libro è bellissimo, non riesco, nonostante le note finali, a capire quanto il romanzo prevarichi la biografia, ma il ritmo della narrazione, la suspence che nonostante la fine nota riesce a tenere, la caratterizzazione sublime e nello stesso tempo estremamente terrena dei personaggi rende "il matematico indiano" un libro maturo. mi ricordo il primo leavitt, il ragazzo di "ballo di famiglia", l'aspra semplicità di certe immagini indimenticabili, e mi accorgo di quanto si sia evoluto, di come abbia aggiornato la tecnica del racconto lungo fino ad approdare ad un romanzo senza sbavature, che nonostante sia biografico, nonostante la matematica io ho letto d'un fiato.
superba la connotazione della sorella di hardy, compressa, tetragona, acuta e infinitamente triste.
la perla: la piana, saggia, inevitabile malinconia, cifra d'autore da "la lingua perduta delle gru" alle storie di "un posto dove non sono mai stato".
l'appunto: perchè si autoconfina nella cosiddetta "letteratura gay"?

David Leavitt
Il matematico indiano
(The indian clerk)

Traduzione Delfina Vezzoli
pp. 593
Giugno 2008
ISBN
9788804580034