giovedì 30 ottobre 2008

le parole sono pietre

usano la comunicazione, ultimo rifugio dei vigliacchi che hanno bisogno di nascondere dietro le parole il loro ben architettato progetto di restaurazione del fascismo, anzi, del feudalesimo.
in una sintesi perfetta tra mc luhan, il mezzo è il messaggio, e i gesuiti, repetita iuvant, sono stati capaci di ridurre ai minimi termini anche il caro vecchio slogan pubblicitario, e sfornano parole, singole parole a cicli continui, una parola per volta gonfiata di significati stravolti come un cadavere di annegato, ripetuta da tutti i grisi del padrone, da tutte le televisioni, in ogni pubblico consesso di mediocri colti o di ignoranti mediocri, su ogni pagina di cosiddetto giornale. fino a che il pubblico di riferimento, i dodicenni poco svegli che si figurano loro, non l'abbia imparata a memoria, per rivomitarla a proposito o a sproposito, amplificandola fino all'ultima bocciofila, all'ultimo bar sport, all'ultimo discodinnerhappyhourpub. come le pecore di orwell.
(comunque, per inciso, i dodicenni non sono scemi come il loro pubblico di riferimento, che si avvicina di più, come spessore intellettuale, agli utenti dei teletubbies)
la parola di adesso è strumentalizzare. declinato e coniugato in ogni aspetto morfologico possibile, compare come uno spot tra le righe di ogni discorso, per delegittimare la scelta, l'opinione, il diritto di chi protesta a nome suo, dei suoi compagni, del suo partito, o di chiunque altro al mondo.
strumentalizzati: padre perdona loro, non sanno ciò che fanno...
e questa parola cade col peso di una pietra sulla defunta civiltà di un ex-paese.
risponderemo alle pietre con i sampietrini?

martedì 14 ottobre 2008

essenziale

forse sarei anche capace di inserire nel mio blog tutte quelle carinerie tipo contatori, mappe, rilevatori di utenti che ti odiano, amano, detestano, considerano il nuovo messia, ignorano la tua esistenza, è che non ho voglia. già riempire il blogroll mi pare una inutile perdita di tempo, e aggiungo un contatto di tanto intanto, quando non mi fa troppa fatica fare il copiaincolla dell'url.
che poi, questa del blog, è una delle tante forme contemporanee di masturbazione, ma di quelle che alla fine neanche ti fanno godere più di tanto.

lunedì 13 ottobre 2008

giustifico

qualche volta giustifico i post. nel senso dei margini del testo. quando mi ricordo, in genere, ma forse sono giorni in cui ho pericolose cadute verso l'ordine costituito.
il casino che mi circonda e mi invade in ogni caso mi consola.

la classe

l'ho letto tra stanotte e stamattina con un po' di perplessità che ancora non mi è passata. bella la tecnica narrativa, molto francese, oulipo, queneau e tutti gli ammennicoli di cambiamento del punto di vista, della prospettiva, ripetizione quasi mantrica di frasi, comportamenti, commenti.
uno sfondo indistinto nel quale si intuiscono tre luoghi: il bar, la sala docenti, la classe, appunto, personaggi altrettanto indistinti, appena connotati da piccole manie stereotipate, i nomi non ci dicono nulla.
molta routine. lui è una via di mezzo tra un aspirante bogart con problemi di insonnia e uno scrittore francese. ah, già, è davvero uno scrittore francese.
l'ambientazione è però quella di certi film americani: the principal, una classe violenta e puttanate retoriche similari. il bistrot sembra starbuck o come diavolo si chiama quel posto dove vendono il surrogato di caffè a taniche di polistirolo espanso dal mezzo litro in su.
la genialità: un personaggio ectoplasmatico senza volto, che sputa sentenze tipo la sibilla cumana... interessante, ma non risolto. il libro finisce e del fantasma non si sa cosa sia successo e soprattutto, perché fosse lì. Sì, ok, la voce della coscienza, ma volevo far finta che non fosse così banale.
comunque non ho ancora deciso se mi è piaciuto. più no. per ora.
e soprattutto 16 euri sono troppi.


Francois Bégaudeau
La classe
(Entre le meurs)
traduzione di
Tiziana Lo Porto, Lorenza Pieri
Einaudi
pp. 228
2008
ISBN 8806196316