giovedì 30 ottobre 2008

le parole sono pietre

usano la comunicazione, ultimo rifugio dei vigliacchi che hanno bisogno di nascondere dietro le parole il loro ben architettato progetto di restaurazione del fascismo, anzi, del feudalesimo.
in una sintesi perfetta tra mc luhan, il mezzo è il messaggio, e i gesuiti, repetita iuvant, sono stati capaci di ridurre ai minimi termini anche il caro vecchio slogan pubblicitario, e sfornano parole, singole parole a cicli continui, una parola per volta gonfiata di significati stravolti come un cadavere di annegato, ripetuta da tutti i grisi del padrone, da tutte le televisioni, in ogni pubblico consesso di mediocri colti o di ignoranti mediocri, su ogni pagina di cosiddetto giornale. fino a che il pubblico di riferimento, i dodicenni poco svegli che si figurano loro, non l'abbia imparata a memoria, per rivomitarla a proposito o a sproposito, amplificandola fino all'ultima bocciofila, all'ultimo bar sport, all'ultimo discodinnerhappyhourpub. come le pecore di orwell.
(comunque, per inciso, i dodicenni non sono scemi come il loro pubblico di riferimento, che si avvicina di più, come spessore intellettuale, agli utenti dei teletubbies)
la parola di adesso è strumentalizzare. declinato e coniugato in ogni aspetto morfologico possibile, compare come uno spot tra le righe di ogni discorso, per delegittimare la scelta, l'opinione, il diritto di chi protesta a nome suo, dei suoi compagni, del suo partito, o di chiunque altro al mondo.
strumentalizzati: padre perdona loro, non sanno ciò che fanno...
e questa parola cade col peso di una pietra sulla defunta civiltà di un ex-paese.
risponderemo alle pietre con i sampietrini?

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