lunedì 3 novembre 2008

candido in galilea

non conoscevo edoardo mendoza, che invece è uno dei più apprezzati scrittori spagnoli ed incontrarlo è stato davvero un piacere. ho letto il suo romazo in due mezze nottate nelle quali ho ritrovato il gusto di fare le ore piccole sulle pagine di un libro e di ridere da sola a folgoranti, sottili battute a volte un po' nascoste nel testo. è una storia leggera eppure colto, ironica ma sublime, antica e contemporanea, con una scrittura che gioca con il mimetismo lingusitico e fa parlare il servo greco dai dubbi costumi come il socrate di platone, ma più aulico, il sommo sacerdote come la bibbia ma più cinico, gesù bambino come un personaggio di dikens, i centurioni romani come il soldato fanfarone di plauto, il protagonista, sedicente filosofo, come un seneca un po' sfortunato.
in questa girandola di personaggi l'autore incunea letteratura, storia, religione e cinema, fa apparire ben hur, biondo, bello e pieno di se come un attore di hollywood in mezzo a tito e dimaco, ai funzionari romani, a barabba giovane scaperstrato di cui si intuisce la sorte.
fulminante l'incipit, da epistola familiare di cicerone ma di argomento decisamente materiale:
che gli dei ti guardino da questa piaga, fabio, perché fra tutte le maniere di purificare il corpo che il fato ci manda, la diarrea è la più tenace e assidua.
su tutto, l'impagabile diletto nel decifrare le coltissime allusioni del testo ed il piacere nell'avvicinarsi al lettore ideale.

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